giovedì 24 novembre 2016

Step 16: Nel Design


La sedia n° 14 è la sedia più famosa costruita dalla Thonet GmbH. Conosciuta anche come  sedia bistro e sedia Vienna, è stata progettata da Michael Thonet e introdotta nel 1859. E' realizzata con legno massello di faggio attraverso una tecnologia emergente dell'epoca, che sfruttava il vapore per ammorbidire e curvare il legno secondo le proprie necessità, che ha richiesto anni per essere perfezionata. Grazie al suo prezzo abbordabile e al design semplice, è diventata una delle sedie più vendute messe in commercio e un'icona di design. E' prodotta con legno di faggio  Tra il 1859 e il 1930 furono vendute circa 50 milioni di sedie n° 14.


Sedia n° 14
Thonet GmbH






Step 15: Pubblicità

Per quanto riguarda il Bistro nei manifesti pubblicitari, ho trovato un manifesto di oltre 30 anni fa, appartenente ad un marchio italiano di acqua: la Ferrarelle.
Il manifesto gioca sulle diverse capigliature della Monna Lisa, in cui, quella più naturale (e quella originale) è appunto accostata all'acqua.


Campagna pubblicitaria acqua Ferrarelle
Agenzia: Michele Rizzi & Associati
Italia, 1980





Step 14: Chimica


Le sostanze colorate sono quelle sostanze capaci di assorbire le radiazioni dello spettro elettromagnetico percepibili dall’occhio umano e che costituiscono la luce visibile. 

Come enunciato nell'articolo di Chimicamo del 20 maggio 2012, già nel secolo scorso furono fatti molti studi per capire la relazione esistente tra costituzione chimica e colore. Nel 1868 Graebe e Liebermann notarono che molte sostanze colorate venivano decolorate per riduzione e quindi essi associarono il colore all’insaturazione delle molecole. Nel 1876 Witt giunse alla conclusione che tutte le sostanze colorate dovevano contenere un gruppo cromoforo, cioè un gruppo responsabile del colore. Per Witt tali gruppi erano: -NO2, -NO, -N=N-, C=O e C=C. Oggi vengono considerati cromofori anche altri gruppi che mostrano siti di insaturazione. Le molecole contenenti i cromofori furono chiamate cromogeni. 

Arrivando al bistro, per quanto riguarda la chimica non è possibile dare formula esatta. Infatti é un pigmento di origine organica, vegetale e sintetica, si tratta di un composto non ben identificabile chimicamente, viene infatti prodotto dalla fuliggine del legno di faggio mescolata a gomma arabica, acqua e destrina. Scarsamente coprente si presta alla fabbricazione di acquerelli, mescolato con acqua, gomma arabica. E' solubile in trementina e nafta e si utilizza anche nella tecnica ad olio. Sconsigliata per affresco, encausto e tempera. 

E' possibile tuttavia selezionare pigmenti organici e non, con le relative formule chimiche, che si avvicinano al bistro:


  • BRUNO CASSEL  (formula Fe2O3 * nH2O)
Il bruno o terra di Cassel è un pigmento inorganico naturale, o sintetico. Viene fabbricato tramite la calcinazione di terre bituminose o falsificato mescolando nero fumo e ocra gialla. Proviene dalla Francia, Colonia e Svezia, e viene utilizzato a partire dal XVII° secolo. 



Bruno Cassel



  • OSSIDO MORELLONE 

L’ossido morellone è un pigmento naturale o sintetico molto scuro, una terra quasi nera estremamente coprente. Detto anche “Caput mortum” si caratterizza per la tonalità bruno-violacea. Ha un tono intenso e opaco. E’ stabile chimicamente ed ha un ottimo potere colorante. Si asciuga rapidamente ed ha bisogno di una medio-alta quantità di olio, con cui forma una pasta liscia leggermente polverosa.
Ossido Morellone


  • BRUNO DI MARTE SCURO (Formula : Fe203 )
Il bruno di marte, solitamente disponibile nelle varianti chiaro e scuro, è un pigmento minerale inorganico sintetico. Viene prodotto dalla calcinazione del giallo di Marte ed è usato dal XIX° secolo. Ha un’alta stabilità alla luce, media a temperatura e umidità. E’ un pigmento molto coprente che si asciuga rapidamente. Ha bisogno di una quantità medio-alta di olio e forma una pasta fluida e compatta. E’ interessante usarlo anche più diluito o secco, ma il massimo risultato si ha con il colore compatto, opaco e forte, ossia utilizzando la giusta dose di diluizione. Ha un potere colorante medio-basso.


Tra i pigmenti organici troviamo, invece, la melanina, o più propriamente melanine, che sono pigmenti neri, bruni o rossastri responsabili della colorazione della pelle umana. 


venerdì 18 novembre 2016

Step 13: blind step (colore nei fumetti)

Come in molti altri campi,il colore nei fumetti assume un ruolo tanto importante quanto complicato.
Esistono diverse tecniche di colorazione, tra quelle tradizionali, la migliore risulta quella che prevede l’utilizzo di pennarelli specifici. Di fondamentale importanza è anche la carta da disegno scelta: una carta ruvida è maggiormente adatta ad una colorazione con matite colorate, mentre non è indicata per altre tecniche per le quali la migliore scelta è la carta liscia.



Risulta difficile trovare precisamente il colore Bistro nei fumetti, ma basta ricercare la fuliggine, in inglese "soot", (materiale da cui viene prodotto il bistro) per riuscire a trovare qualche citazione come in questa vignetta:
Vignetta giornalistica
Artista: Theresa McCracken

  

mercoledì 16 novembre 2016

Step 12: in Cucina



“L’appetito vien mangiando” se la vista, colpita dal colore di un cibo ci porta all’assaggio…

È provato scientificamente che il nostro cervello associa al colore dei cibi sensazioni positive o negative secondo un “pregresso mentale” che ci lega a sensazioni gradevoli o spiacevoli vissute nel passato; quando un alimento si presenta di un colore diverso da quello a cui siamo abituati subito veniamo investiti da una sensazione di diffidenza e talvolta di disgusto. La tonalità, quindi, diventa segnale di pericolo e ci fornisce indicazioni primarie sul cibo: se un frutto è verde è acerbo, se ha un bel colore è maturo e se invece tende al marrone è marcio.
Dunque, tutti i colori che possiamo ritrovare nei cibi, ciascuno con le proprie caratteristiche, sono in grado di esercitare un impatto diverso sul nostro organismo. 
(fonte: http://www.ristorazioneitalianamagazine.it/cibo-colori-e-psiche-il-triangolo-della-cromoterapia-alimentare/)

Nel nostro caso, non è facile trovare un cibo che sia esattamente color bistro, indi allarghiamo la ricerca a colori bruni o comunque similari:




  • Caffè


Il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali appartenenti al genere Coffea, parte della famiglia botanica delle Rubiaceae, un gruppo di angiosperme che comprende oltre 600 generi e 13.500 specie. Sebbene all'interno del genere Coffea siano identificate e descritte oltre 100 specie, commercialmente le diverse specie di origine sono presentate come diverse varietà di caffè. Le più diffuse tra esse sono l'arabica e la robusta.






  • Semi di cacao

Il cacao è una pianta appartenente alla famiglia Sterculiaceae (attribuita alle Malvaceae dalla classificazione APG), originaria dell'America meridionale.                                                              All'interno di una polpa asprigna sono racchiusi numerosi semi ovali e piatti, a forma di mandorla, di colore bruno-violaceo, disposti in cinque file, contenenti zuccheri, grassi, albuminoidi, alcaloidi e coloranti. Tra questi alcaloidi, i più importanti sono la teobromina e la caffeina (contenuta in quantità ridotta): il primo è un euforizzante mentre il secondo è un eccitante; grosse quantità di cacao possono infatti indurre una dipendenza fisiologica. La teobromina ha inoltre effetti diuretici: era infatti adoperata come diuretico in casi di scompenso cardiaco, finché non è stata rimpiazzata da farmaci più efficaci.

  • Cioccolato fondente

Il cioccolato (o cioccolata, specie se fuso) è un alimento derivato dai semi dell'albero del cacao, ampiamente diffuso e consumato nel mondo intero.                               Nella produzione artigianale di qualità, il cioccolato è preparato utilizzando la pasta di cacao come realizzata e imballata nei paesi origine, con l'aggiunta di ingredienti e aromi. Nella produzione industriale o comunque di minor pregio qualitativo, è preparato miscelando il burro di cacao (la parte grassa dei semi di cacao) con polvere di semi di cacao, zucchero e altri ingredienti facoltativi, come il latte, le mandorle, le nocciole, il pistacchio o altri aromi.                                                                                                                                                                                                                                      Nel 1879 Rudolph Lindt infine inventò il processo chiamato concaggio (conching), che consiste nel mantenere a lungo rimescolato il cioccolato fuso per assicurarsi che la miscelazione sia omogenea.Il cioccolato prodotto con questo metodo è il cosiddetto "cioccolato fondente".    

Step 11: Un documento


Nel libro Scenic Art for the Theatre: History, Tools and Techniques, a pagina 362, viene trattato il colore Bistro per spiegare la realizzazione  della copertina-manifesto del film “ Woman on the run”. Film uscito nel 1950 e diretto da Norman Foster.




Titolo: Scenic Art for the Theatre: History, Tools and Techniques
Prima pubblicazione: 1998
Autori: Peter Beudert, Susan Crabtree

Step 10: Emblemi

Anche il mondo dei brand e dei loghi ha un forte collegamento con i colori, in quanto con l'utilizzo di un determinato colore si può fare riferimento ad un settore del mercato piuttosto che rimandare al prodotto simbolo di tale brand.
Per quanto riguarda il Bistro, effettuando varie ricerche, sono riuscito a riscontrare una tonalità di colore molto prossima a quella in questione nei loghi di due Marchi che operano in settori totalmente differenti:


1. United Parcel Service, più comunemente nota come UPS, è una società americana di trasporto plichi e spedizioni internazionali. La sua sede è ad Atlanta, in Georgia (USA).

Uno dei soprannomi con cui è conosciuta è quello di The Big Brown Machine (in lingua italiana traducibile come "la grande macchina marrone") per la caratteristica livrea che da anni rende inconfondibili i suoi mezzi di trasporto in tutto il mondo. L'unica modifica estetica effettuata in anni recenti dall'azienda è stata la modernizzazione del logo originario, disegnato da Paul Rand, in uso dal 1961 e sostituito dopo oltre 40 anni di uso nel 2003. Proprio con questa rettifica del logo, è possibile riscontrare una tonalità di marrone molto vicina al bistro nel logo, che originariamente era in bianco e nero.
Logo UPS


2. Venchi : per trovare il secondo collegamento passiamo ad una delle più famose aziende alimentari italiane, specializzata nella produzione e vendita di cioccolato. Proprio il settore di impiego di questa azienda ha fatto si che il logo avesse un colore bruno, che richiama appunto il colore del cacao e, quindi, del cioccolato.
Logo Venchi

Step 9: L'abbecedario

Proviamo a completare un abbecedario, trovando un collegamento tra il Bistro ed ogni lettera del nostro alfabeto, qualunque sia il campo di pertinenza:




A come  Asteroide










B come Bistro










C come Caffè










D come Dyson George ( inventore della Tree house nell'immagine)










E come Egitto ( Gli egizi utilizzavano il bistro nella cosmesi)










F come Ferrarelle










G come Guercino










H come Hennè ( i tatuaggi all'hennè assumono un colore simile al bistro)











I come Indigeni










L come Lord John Stuart e suo fratello Lord Bernard Stuart (ritratto)










M come Mina (canzone fuliggine)










N come Nutella










O come Orso Bruno










P come Parquet di faggio










Q come Quoll tigre (pelo marrone, simile al bistro)










R come Rembrandt ( in molte sue opere utilizzò il bistro)










S come Star Wars - The force awakens










T come Tiki












U come Ups










V come Venchi










Z come Zattera della Medusa

Step 8: La saggezza popolare



Ogni giorno usiamo proverbi, superstizioni, scaramanzie, tabù, di cui però non conosciamo il significato, nè l'origine. Facciamo cose, per scaramanzia, senza sapere perché le facciamo; la nostra cultura ha dimenticato di spiegarci il perchè delle cose che facciamo; celebriamo feste e riti senza comprendere il senso. E quando non si sa più perchè si fa qualcosa, o perchè si ritiene che una cosa porti sfornuta o fortuna, significa che si è rimasti culturalmente soli, senza più un dialogo aperto e reciproco con le nostre origini culturali.


Vi sono molte versioni, non contrastanti tra loro, sull'origine del concetto di superstizione: la più condivisa, proposta già da Lattanzio, è che si tratti di qualcosa di "supertite", un avanzo delle antiche tradizioni pagane; mentre Cicerone riteneva che derivassero da "superstites" (superstiti), cioè invocazioni agli Dei affinché risparmiassero i figli dalle loro ire funeste; in modo simile S.Agostino le faceva risalire al verbo arcaico "superstito", cioè preservare, far durare, sopravvivere. E' evidente dunque la comune origine di scongiurare una morte (propria o altrui), come già accadeva in tutti gli antichi riti pagani della tradizione pre-cristiana.(fonte: http://www.matteomugnani.com/superstizioni.html)

Non è facile trovare proverbi e/o superstizioni relative strettamente al colore, tuttavia, come già fatto in post precedenti, basta allargare la ricerca a fuliggine e faggio e il materiale aumenta:


  • Proverbi e modi di dire


1.  "E' mègliu nu savùcu avant' a porta ca nu fògu a ramuntàgna"
      (E' meglio avere una pianta di sambuco davanti casa che un albero di faggio alla montagna).
      Chi si accontenta gode.

2. "I é comà cach e calì"
     (Sono come caglio e fuliggine).
      L’espressione è riferita a due fidanzati molto uniti. Il caglio era conservato nel camino,                        dove si ricopriva di fuliggine.

3. "La péscia ténn' è d'u callarèr'"
     (La peggior fuliggine è del calderaio).
      Non c'è peggio sordo di chi non vuol sentire

4. "Difficile vedere che un faggio porti pere"



  • Superstizioni


GIORNI DELLA MERLA
La tradizione popolare ricorda il 29, 30, 31 gennaio come i giorni della merla, ovvero i giorni più freddi dell'anno. Si racconta che se questi giorni sono freddi la primavera sarà mite e bella, mentre se sono caldi la primavera si farà attendere. La leggenda narra che un tempo i merli erano candidi come la neve. In un giorno freddissimo una merla volava disperatamente con i suoi piccoli alla ricerca di un riparo caldo. Quasi allo stremo delle forze, la merla e i suoi piccoli si rifugiarono in un comignolo, salvandosi così dai rigori dell'inverno. Quando uscirono di nuovo all'aperto si ritrovarono, però, tutti neri a causa della fuliggine. Da allora, in segno di ringraziamento per quel salvataggio quasi insperato, tutti i merli divennero neri.




GRAVIDANZA
Nella tradizione contadina italiana, appena nasceva un bambino, in nome delle superstizioni, e quindi per proteggerlo idealmente dal rischio della mortalità infantile ( che un tempo era molto frequente) gliene venivano fatte letteralmente di tutti i colori. Appena nato gli veniva messo in bocca qualche cristallo di sale grosso, nella convinzione che i sale allontani il maligno (perchè tradizione vuole che le streghe non potessero usarlo nelle loro pozioni e dovessero mangiare insipido), poi veniva preso dal padre e passato per tre volte sul fuoco acceso del caminetto, affinchè il fuoco lo proteggesse dalle future malattie, e quindi veniva messa la fuliggine dello stesso caminetto sotto la sua culla e sotto il suo cuscino, in modo che la cenere ( come l'incenso delle benedizioni religiose) lo consacrasse. Se il bambino si ammalava nei primi mesi di vita, il rito veniva ripetuto, usando però il forno al posto del caminetto: veniva inserito tre volte nel forno acceso, appoggiato sulla pala del pane.

mercoledì 9 novembre 2016

Step 7: i colori nel cinema


I colori sono associati, secondo una nota teoria psicologica, ad emozioni e stati d’animo ben definiti e questo è, da sempre, un concetto sfruttato dalle arti visive per suscitare sensazioni più profonde ed intime nel pubblico.

Anche nel mondo della “fotografia cinematografica” i colori assumono un'importanza fondamentale giocando un ruolo decisivo nella produzione. A questo proposito la graphic designer Roxy Radulescu, guardando un film, ha posto la sua attenzione sull'utilizzo dei colori tanto da creare un blog, Moviesincolor, in cui raccoglie fotogrammi di film famosi associandoli alle palette di colori utilizzati.
Di seguito mostro le palette dei colori di alcuni film in cui sono presenti le sfumature della nostra tonalità.



TITANIC
Prima data di uscita: 18 Novembre 1997 (Londra)
Regista: James Cameron



STAR WARS: THE FORCE AWAKENS
Data di uscita: 16 Dicembre 2015 (Italia)
Regista: J.J. Abrams




TRAINSPOTTING
Data di uscita: 4 Ottobre 1996 (Italia)
Regista: Danny Boyle










12 ANNI SCHIAVO
Data di uscita: 20 Febbraio 2014 (Italia)
Regista: Steve McQueen
                                                    







SOPRAVVISSUTO - THE MARTIAN
Data di uscita: 1 Ottobre 2015 (Italia)
Regista: Ridley Scott



Anche nei film d'animazioni del sol levante è riscontrabile qualche sfumatura del Bistro, come ad esempio in "Il mio vicino Totoro": un film d'animazione giapponese del 1988, diretto da Hayao Miyazaki e prodotto dallo Studio Ghibli. La storia si incentra sulla vita di due giovani sorelle, Satsuki e Mei, che si trasferiscono insieme al padre in un paesino di campagna per andare a vivere più vicini alla madre delle bambine, ricoverata in ospedale. Nella nuova realtà, le sorelle fanno la conoscenza di esseri soprannaturali, tra cui Totoro, e maturano, imparando il rispetto per la natura.



IL MIO VICINO TOTORO
Data di uscita: 1988
Regista: Hayao Miyazaki

venerdì 4 novembre 2016

Step 6: i colori nella scienza



Per trovare collegamenti tra il Bistro e la scienza ritengo opportuno iniziare parlando del rapporto tra la scienza e i colori nella storia.






Introduzione

Ai tempi in cui Newton effettuava i suoi esperimenti con il prisma, il fenomeno dei colori ottenuti attraverso la diffrazione della luce solare era già stato osservato e discusso nell’ambito degli studi di ottica geometrica. Newton ha riproposto l’esperienza descritta da Cartesio nel trattato sulle meteore, partendo però da presupposti molto diversi, che costituiscono l’aspetto fondamentale della
rivoluzione nella teoria dei colori. Nel corso di questo lavoro prenderò in considerazione alcuni aspetti innovativi del paradigma newtoniano, esaminando il caso della teoria dei colori.


Cosa sono i colori?

Alla fine del 1600 la scienza aristotelica era entrata in crisi in vari frangenti: posta di fronte ai problemi sollevati dall’ottica geometrica, ad esempio, il tipo di spiegazioni che i peripatetici proponevano si era rilevato poco esauriente sotto molti aspetti. Il carattere generale e ipotetico delle teorie e la prevalenza di definizioni verbali orientate verso l’aspetto qualitativo dei fenomeni, risultavano incompatibili con una trattazione dei problemi in termini matematici. Una serie di
presupposti di origine aristotelica continuava però a resistere anche fra gli oppositori più agguerriti, che riuscivano a condurre critiche efficaci rispetto a singole questioni ma prive della completezza necessaria per costituire dei modelli esplicativi autonomi e alternativi alla filosofia peripatetica.
La teoria dei colori aristotelica può essere un esempio di questa situazione: l’idea che il colore sia un miscuglio, un composto di luce e ombra, assieme all’idea che il colore sia una modificazione della luce pura, é alla base della maggior parte delle teorie del colore fino a Newton.
Oltre a questa spiegazione, che deriva da Anassimene, Aristotele sostiene che i colori siano la parte superficiale dei corpi visibili, generando così un dualismo tra i colori reali, esibiti dai corpi, e quelli “apparenti”, considerati come “illusioni ottiche”. Il problema della realtà dei colori è stato molto discusso dai sostenitori e dai critici dell’aristotelismo, ma nella successione di teorie diverse sulla
formazione dell’arcobaleno, sulla natura e il numero dei colori fondamentali ecc. non è stata mai abbandonata l’idea aristotelica che i colori siano miscugli o composti di luce e ombra.
I meccanicisti affrontano questo problema sotto un altro punto di vista: seguendo la divisione di Locke, collocano i colori tra le qualità secondarie che la scienza non può trattare direttamente, a causa della loro natura soggettiva, legata alla percezione dei fenomeni fisici. Per loro, infatti, la scienza doveva occuparsi soltanto di cose reali, ossia definibili matematicamente attraverso la misura, per questo motivo non era sensato parlare dei colori come se esistessero indipendentemente dal soggetto. Cartesio, per esempio, riteneva che fosse possibile avere una conoscenza chiara e distinta dei colori considerandoli esclusivamente come nostre sensazioni, poiché quando osserviamo i colori nei corpi non possiamo essere sicuri che siano qualcosa di esistente al di fuori della nostra mente. Se crediamo che i colori si trovino negli oggetti ci sbagliamo, perché non sono altro che sensazioni prodotte dal movimento dei nostri nervi, eccitate a loro volta dai movimenti locali che avvengono fuori da noi, per questo motivo non si possono fare distinzioni riguardo alla fonte delle nostre sensazioni.
L’operazione di Cartesio consiste nel definire la luce in termini meccanici, ipotizzando che sia composta da particelle dotate di un movimento rotatorio che può essere modificato mediante riflessione e rifrazione, in grado di suscitare in noi la sensazione dei colori. I “geometri” non ritenevano di dover indagare il rapporto tra i loro principi e i fenomeni fisici, non cercavano di spiegare la natura fisica dei colori o della luce: di questi argomenti si erano occupati i filosofi della
natura, aristotelici ed epicurei in particolare. Il problema comune delle loro spiegazioni era soprattutto il distacco con la realtà e con le cause degli eventi: i peripatetici, infatti, rinunciavano programmaticamente alla conoscenza del particolare, in favore di un universalismo conoscitivo basato su concetti astratti, come le cause finali, usati per spiegare la realtà nel suo complesso.
Newton comprende che per opporsi efficacemente all’aristotelismo bisogna considerare come fondamentale la base della conoscenza: anche se le opinioni degli aristotelici si rivelassero vere, non sarebbero comunque adeguate al compito della scienza, perché producono spiegazioni senza basarsi sul’osservazione dei fenomeni particolari. Newton non conduce il proprio attacco nei confronti di
Aristotele e dei suoi seguaci confutando le singole opinioni, ma propone una concezione filosofica alternativa, fondata su un’epistemologia basata sui dati sensibili e sul metodo induttivo.
Un altro aspetto da sottolineare è che certe spiegazioni meccaniciste non si potevano considerare poi così diverse da quelle dei peripatetici, poiché descrivevano la realtà fisica che suscitava la percezione dei colori in termini qualitativi: Bacone, per esempio, mette in relazione l’uniformità e la disposizione delle particelle di un corpo con il colore che esibisce.
Per concludere vorrei presentare una breve panoramica sulle teorie del colore che circolavano alla fine del diciassettesimo secolo. Queste teorie sono basate su tre modelli di spiegazione differenti: Keplero, in consonanza con la teoria classica, diceva che i colori erano una mescolanza di luce e ombra, Cartesio ne parlava in termini di vis luminis prodotta dalla rotazione dei globuli aetherei; il modello generale a cui si riferiva Cartesio era la teoria di vortici. Nella sua opera Les météores aveva riesaminato la teoria di Todorico di Freiberg, che aveva intuito che il fenomeno dell’arcobaleno dipendeva dal mutamento di direzione della luce nel passaggio da un mezzo all’altro, ma non era riuscito a dare una spiegazione fisica dei colori. Aveva però formulato una teoria; le particelle luminose spinte verso l’esterno dal centro di un vortice devono ruotare durante il loro spostamento: una rotazione rapida viene percepita come rosso, una moderata come giallo e una lenta come
blu. La formazione dei colori non era altro che un mutamento meccanico nella materia della luce, acquisito nell’urto obliquo sulla superficie di separazione tra due mezzi. 
Hooke, invece, si era concentrato più sulla natura della luce che sulla struttura di mezzi trasparenti; sosteneva che la luce si propagasse con un moto vibratorio, producendo i colori nell’impatto contro i corpi solidi. Era convinto che la luce fosse un moto periodico ed era convinto che Newton non lo fosse, per questo sentì l’esigenza di attaccare la nuova teoria dei colori. Come Cartesio, anche Hooke
pensava che una teoria meccanicista ingegnosa, in grado di spiegare i fatti, dovesse essere vera. Hooke ipotizza che i corpi luminosi eccitino delle vibrazioni che si propagano in linea retta nell’etere: in analogia con le onde sonore, causano la sensazione di luce quando colpiscono l’occhio. La luce è un susseguirsi di impulsi sferici che procedono in linea retta ad intervalli molto piccoli, sotto forma di piani perpendicolari rispetto alla direzione di propagazione: passando da un mezzo all’altro (ad esempio da aria ad acqua) il fascio di impulsi subisce una deviazione che corrisponde alla sensazione del colore. I raggi possono subire deviazioni diverse: Bianco, rosso e blu rappresentano tre stati fisici distinti, ognuno di essi poteva essere trasformato nell’altro invertendo la modificazione subita.

(fonte: http://web.tiscali.it/bahnhof2/uni/newton.pdf)


Nel gennaio 1672 Isaac Newton (1642-1727) inviò una breve lettera a Henry Oldenburg, segretario di un'istituzione scientifica fondata di recente da un gruppo di eminenti scienziati (o « filosofi », come venivano chiamati allora): la Royal Society di Londra. Il giovane fisico, che aveva impressionato tutti con l'invenzione di un ingegnoso nuovo tipo di telescopio a riflessione, era stato accolto fra i membri della società da appena una settimana. Newton vi comunicava a Oldenburg di avere compiuto una « scoperta fìlosofica, che a mio giudizio è la scoperta più strana se non la più considerevole, che sia stata compiuta finora nelle operazioni della natura». Possiamo certamente giustificare Oldenburg se giudicò assurda quest'affermazione, una vanteria arrogante di un giovane di sfrenata ambizione. Newton era in effetti un soggetto difficile: combattivo, ipersensibile e dedito a una segretezza ossessiva. Ma la sua affermazione non era esagerata.

Qualche settimana dopo Newton inviò al membri della Royal Society la descrizione di un esperimento che mostrava a suo dire in modo decisivo che la luce solare, o luce bianca, non era pura come si era creduto in precedenza, bensì composta da un miscuglio di raggi di diversi colori. Newton definì questo esperimento il suo experimentum crucis, o « esperimento cruciale». La sua scomposizione della luce fu a un tempo una pietra miliare nella storia della scienza e una dimostrazione sensazionale del metodo sperimentale. Questo metodo, scrisse uno dei molti biografi di Newton, « fu altrettanto bello nella sua semplicità quanto efficace nel contenere in nuce la teoria di Newton ».


La Teoria dei Colori (in tedesco Zur Farbenlehre) è un saggio scritto da Johann Wolfgang von Goethe nel 1810 e pubblicato a Tubinga. Contrapponendosi alla teoria di Newton, sostiene che non è la luce a scaturire dai colori, bensì il contrario; i colori non sono «primari», ma consistono in un offuscamento della luce, o nell'interazione di questa con l'oscurità.
Si tratta di un testo di importanza significativa perché Goethe, pur essendo conosciuto come uno dei più importanti autori e poeti di tutti i tempi, sosteneva egli stesso di aver dato molta più importanza ai propri lavori scientifici, incentrati specialmente sullo studio delle piante e appunto dei colori, che a tutte le sue creazioni letterarie. Secondo Goethe del resto, «la scienza è uscita dalla poesia», come da lui affermato nella Metamorfosi delle piante. Confidò in proposito al suo amico Johann-Peter Eckermann:
« Io non provo orgoglio per tutto ciò che come poeta ho prodotto. Insieme a me hanno vissuto buoni poeti, altri ancora migliori hanno vissuto prima di me, e ce ne saranno altri dopo. Sono invece orgoglioso del fatto che, nel mio secolo, sono stato l'unico che ha visto chiaro in questa difficile scienza del colore, e sono cosciente di essere superiore a molti saggi. »

..il "Bistro" nell'astronomia

Arrivando al cosmo e all'astronomia, troviamo il Bistro come nome di un asteroide, più precisamente:

2038 Bistro è un asteroide della fascia principale del diametro medio di circa 12,58 km. Scoperto nel 1973, presenta un'orbita caratterizzata da un semiasse maggiore pari a 2,4353100 UA e da un'eccentricità di 0,0895346, inclinata di 14,79384° rispetto all'eclittica.

Asteroide 2038 Bistro

Il nome deriva dal Bistrot, tipico locale con funzioni di ristorante.

Le caratteristiche tecniche di 2038 Bistro, in lingua inglese, sono consultabili qui

giovedì 3 novembre 2016

Step 5: I colori nella musica


Nella storia della cultura ben pochi fenomeni hanno avuto la capacità di attrarre e coinvolgere artisti, musicisti e, al tempo stesso, scienziati e filosofi come lo è stata la correlazione tra suono e colore. Quando parliamo di questo rapporto ci riferiamo senza volerlo ad un fenomeno chiamato sinestesia: dal greco συν-αισθάνομαι: percepire insieme. L’interesse per la sinestesia compare agli inizi dell’ 800 quando venne inizialmente considerata come un mero espediente poetico o un’invenzione della fantasia. È solo verso gli anni 70/80 dello stesso secolo che attenti studi psicologici legittimarono il fenomeno e furono presto seguiti dall’introduzione della parola “sinestesia”. Dobbiamo tuttavia aspettare il 1980 prima che vengano effettuati studi neurofisiologici su soggetti sinestetici. Questi studi dimostrarono che in concomitanza di esperienze sinestetiche, il cervello attiva contemporaneamente aree sensoriali differenti e le moderne tecniche di neuro immagine funzionale, ne offrono la dimostrazione.



"Se durante un concerto avessimo la possibilità di osservare l’aria,
mentre vibra simultaneamente influenzata dalle voci e dagli strumenti,
con grande stupore vedremmo colori organizzarsi e muoversi in essa.” 
Athanasius Kircher


Per Kandinsky la musica era una sorta di ossessione: i colori venivano da lui avvertiti come un "coro" da fissare sulla tela.


     " In generale il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull'anima.
        Il colore è il tasto, l'occhio il martelletto, l'anima il pianoforte dalle molte corde. L'artista è 
        una mano che toccando questo o quel tasto mette in vibrazione l'anima umana..."




Nel mondo della musica, la ricerca del Bistro è stata effettuata anche attraverso parole chiave come fuliggine e faggio. Tuttavia è presente un brano di Spencer Bell, il cui titolo è proprio "Bistro".

Spencer Bell fu un poeta, musicista e artista scomparso nel dicembre del 2006 a causa di un cancro alla ghiandola surrenale. Il brano in questione è il seguente:


E' possibile visionare il testo cliccando qui


Anche un complesso americano, probabilmente non conosciuto a livello mondiale, nel loro album Madvillainy, del 2004, intitolano una loro traccia "Bistro". In questo caso però il termine ha origine francese, quando nell'800 le osterie iniziarono ad essere chiamate in questo modo. Tuttavia andiamo a scoprire a grandi linee questo gruppo:
Madvillain è un gruppo hip hop statunitense formato dall'MC e beatmaker MF DOOM e dall'MC e beatmaker Madlib. L'album di debutto del duo è stato lodato per la scelta innovativa di creare canzoni molto brevi, dalle liriche oscure, povere di ritornelli e con un suono inadatto alle radio commerciali.


Il testo è consultabile qui

Per trovare altri collegamenti tra il mondo della musica e il bistro, bisogna allargare il campo, come detto precedentemente a termini collegati al bistro.

E' sempre un gruppo statunitense a trattare l'argomento (attraverso la parola "soot", che è la traduzione inglese di fuliggine).
Gli Smashing Pumpkins sono un gruppo musicale alternative rock statunitense formatosi a Chicago nel 1988.

La band nasce dall'idea di Billy Corgan (voce e chitarra) e James Iha (chitarra), all'epoca due ragazzi appassionati principalmente di musica hard rock, new-wave e psichedelica. A una prima formazione chitarra elettrica/batteria, si aggiunge poi la bassista D'arcy Wretzky e successivamente il batterista Jimmy Chamberlin, dopo gli inizi con batteria elettronica.
Sono unanimemente considerati una delle band più importanti degli anni '90.Il gruppo ha raggiunto il picco della popolarità internazionale tra il 1995 e il 1997 in seguito alla realizzazione del doppio concept album Mellon Collie and the Infinite Sadness.


con testo consultabile qui



L'ultimo riferimento musicale appartiene ad una famosissima cantante italiana degli anni 60.

Mina, nome d'arte di Mina Anna Mazzini (Busto Arsizio, 25 marzo 1940), è una cantante, conduttrice televisiva, attrice e produttrice discografica italiana naturalizzata svizzera. Dopo il matrimonio del 10 gennaio 2006 con Eugenio Quaini è diventata, per l'anagrafe elvetica, Mina Anna Quaini. Tale variazione non viene applicata nelle registrazioni anagrafiche italiane.
Annoverata tra le più grandi cantanti di tutti i tempi, è nota per le qualità della sua voce e per essere stata protagonista in numerosi spettacoli televisivi diffusi dalla Rai a partire dalla metà degli anni sessanta. Il suo strumento, dal timbro caldo e personalissimo, subito riconoscibile, è dotato di grande ampiezza, estensione, agilità, capace di coniugare la potenza vocale con la duttilità, ed è sostenuto da una tecnica saldissima; Mina si distingue anche per le doti interpretative e l'ecletticità, che l'hanno portata ad affrontare con successo generi musicali spesso lontani tra loro.

La canzone in questione è "Fuliggine":



il testo è presente qui

mercoledì 2 novembre 2016

Step 4: il Bistro e il mito

Nelle diverse civiltà l'insieme dei colori ha sempre avuto un'attrazione particolare, visto come fenomeno legato al possesso di poteri magici...l'arcobaleno ad esempio rappresentava il ponte che legava la sfera spirituale del mondo, l'alto, e quella materiale, il basso.
Indipendentemente dalla cultura a cui si guarda, l'universo dei colori e quello mitologico risultano avere legami: la loro presenza all'interno del mito assume significati talvolta non così immediati da comprendere e differenti a seconda del mondo mitico a cui si vuol far riferimento.

Tuttavia risulta abbastanza difficile trovare un preciso riferimento al Bistro nella mitologia dei popoli antichi; quindi cercheremo di trovare collegamenti risalendo alla materia prima che produce il bistro, la fuliggine stemperata, e all'albero da cui proviene questa fuliggine, il faggio.
Simbolo dell'unione fra la profondità della terra e lo spazio sconfinato del cielo; simbolo delle divinità progenitrici dell'umanità.


Il Faggio e la mitologia


Fin dai tempi più antichi gli alberi furono considerati dalle maggiori civiltà come veri e propri simboli sacri.
Rappresentavano, inoltre,il trascorrere del tempo:l'età degli alberi, infatti,è distintamente indicata da un insieme di cerchi concentrici che si possono notare nei tronchi,quando questi vengono segati.
Saturno
Arrivando, più nello specifico al faggio: la sua corteccia liscia e leggera fu uno dei primi supporti utilizzati in Europa per la scrittura, e infatti il nome tedesco del Faggio, Buche, ha la stessa etimologia di Buch, che significa libro. E’ pertanto un albero legato alla saggezza e alla tradizione, alla conservazione della memoria. Tuttavia Sorprende che un albero così imponente e largamente diffuso non abbia trovato molto spazio nella mitologia. Sembra che in nessuna cultura sia stato associato a qualche divinità importante. Tuttavia ha avuto una grandissima importanza come pianta divinatoria. Come racconta Tacito, i popoli germanici lanciavano bastoncini di Faggio incisi con rune su un telo bianco e dalla loro dislocazione i sacerdoti e capotribù erano in grado di leggere il futuro e di ottenere chiarezza sulle questioni poste. Probabilmente non era legato a nessuna divinità perché era considerato un tramite tra l’uomo e le deità. Il Faggio è considerato l’archetipo delle piante saturniane. Saturno rappresenta la discesa dello spirito nella materia. 

Fiore del faggio
Ma il Faggio rappresenta contemporaneamente anche il movimento inverso, dalla materia allo spirito. Perciò è l’albero che simboleggia l’unione tra materia e spirito, tra uomo e Dio, il superamento della dualità. È interessante trovare questa unione nel significato dei numeri presenti nei frutti, dove 2 semi di forma 3-angolare sono uniti in 1 riccio composto da 4 settori. Nella numerologia, arte cara a tutte le antiche culture, l’uno rappresenta l’assoluto e l’unione nel divino, il due simboleggia la dualità, il quattro sta per la materia costituita dai quattro elementi e il tre rappresenta la conoscenza e il superamento della dualità. Perciò i frutti del Faggio simboleggiano una rappresentazione dell’evoluzione: l’uno che si manifesta nella dualità, dalla dualità nascono i quattro elementi e tutto il mondo visibile che poi trova il superamento della dualità nella conoscenza. Non a caso nelle culture celtiche, germaniche e nordiche, il Faggio simboleggiava conoscenza, sapere, saggezza e chiarezza. Era cosi strettamente associato alla conoscenza che in alcune lingue nate da queste culture la parola che indica il libro deriva dal nome dell’albero. Per i druidi era anche l’albero della serietà e severità, qualità indispensabili per i sacerdoti che dovevano entrare in contatto con l’altro mondo. Nei boschi di Faggio impressiona la luminosità eterea delle foglie che contrasta con il tronco massiccio e grigio, ben radicato a terra. È interessante osservare che quando la religione cristiana entra pienamente nel costume germanico, le chiese cominciano ad assomigliare, nelle cattedrali gotiche, a foreste di Faggio: dal pavimento ombreggiato e fresco si ergono alti pilastri con finestre che fanno filtrare la luce in alto. Il popolo germanico usava il legno di Faggio per fare talismani allo scopo di stimolare la creatività e le ceneri di questo albero, insieme all’olio estratto dai suoi frutti e al grasso animale, per produrre i primi saponi. Il Faggio in passato era importante per la produzione del carbone vegetale che veniva usato per numerosi scopi, anche per curare la diarrea. Dalla distillazione del legno si ottiene il creosoto, una sostanza fungicida e insetticida che veniva largamente usata per conservare il legno, ma anche per problemi della pelle. Essendo però tossico per l’uomo e l’ambiente il suo uso è ormai vietato.
 (fonte: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=414)

Faggio secolare


La cura della bellezza nell'antico Egitto

Dettaglio trucco egizio
In realtà il bistro, nel mondo della cosmesi, ha radici antichissime. Nella civiltà egizia l'importanza della bellezza aveva vari significati, infatti la cosmesi era considerata una necessità per la cura ed igiene del corpo, bellezza esteriore e non per ultimo aveva un fine religioso e una funzione funeraria. Il solo valore ornamentale della cosmesi divenne molto importante, donne e uomini cercavano di migliorare la propria immagine usando trucchi, creme, unguenti in modo quotidiano anche se la maggior parte dei prodotti avevano spesso un fine curativo oltre che estetico.
I colori utilizzati per il trucco degli occhi erano due, il verde ricavato dalla malachite e il nero ricavato dalla galena, ma particolare cura era dedicata alla protezione degli occhi dal sole e dalle infezioni.
Il bistro, oggi chiamato khol o kajal veniva mescolato con grassi, resine e linfa di sicomoro serviva per tracciare una linea nera sulla palpebra donando agli occhi uno sguardo magnetico, aveva la duplice funzione estetica e antibatterica veniva usato soprattutto dalle donne e dai bambini.
Il khol era composto da polvere di galena, un minerale a base di solfuro di piombo, ma il suo contenuto poteva variare a seconda delle stagioni, fu addirittura scritta una poesia su questo cosmetico: “il tuo occhio con il khol diventa più grande, il tuo occhio contiene più amore, nel tuo occhio mi perdo, come in un cielo incantato..”